La locuzione no-profit è di origine angloamericana ed è stata coniata per indicare la caratteristica di organizzazioni, enti che operano ‘senza scopo di lucro, senza profitto‘. Queste associazioni appartengono al cosiddetto Terzo Settore, cioè quel settore in cui si collocano le organizzazioni che hanno una posizione intermedia tra il mercato e lo Stato.
Sino al 2017 la legislazione italiana aveva disciplinato cinque differenti tipi di organizzazioni private che operano senza fini economici con finalità solidaristiche: le organizzazioni non governative (Legge 49/1987), le organizzazioni di volontariato (Legge 266/1991), le cooperative sociali (Legge 381/1991), le fondazioni ex bancarie (Legge 461/1998) e le associazioni di promozione sociale (Legge 383/2000). Con il Decreto Legislativo n. 117 del 3 luglio 2017 tutto il Codice del Terzo settore è imperniato sulla nuova figura degli ETS (Enti del Terzo Settore), la quale ricomprende anche altre tipologie di organizzazioni già esistenti.
I decreto, molto corposo e che necessita di 20 decreti ministeriali, presenta molte novità, tra le quali:
vengono abrogate diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (Legge 266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (Legge 383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (Legge 460/97);
vengono raggruppati in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore (Ets). Ecco le sette nuove tipologie:
organizzazioni di volontariato (che dovranno aggiungere Odv alla loro denominazione);
associazioni di promozione sociale (Aps);
imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali), per le quali si rimanda a un decreto legislativo a parte;
enti filantropici;
reti associative;
società di mutuo soccorso;
altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).
Restano dunque fuori dal nuovo universo degli ETS, tra gli altri: le amministrazioni pubbliche, le fondazioni di origine bancaria, i partiti, i sindacati, le associazioni professionali, di categoria e di datori di lavoro.
gli Enti del Terzo settore saranno obbligati, per definirsi tali, all’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (con sede presso il ministero delle Politiche sociali, ma gestito ed aggiornato a livello regionale), che farà quindi pulizia dei vari elenchi oggi esistenti.
vengono definite in un unico elenco riportato all’articolo 5 le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitati dagli Enti del Terzo Settore. Si tratta di un elenco, dichiaratamente aggiornabile, che “riordina” appunto le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo ecc.).
Gli Ets, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili. Ma potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma.
Una parte consistente del Codice è dedicata ai Centri di Servizio per il Volontariato (CSV), interessati da una profonda revisione.
L’Avv. Alberto Del Noce e l’Avv. Vincenzo Carena hanno acquisito particolare esperienza nel Terzo Settore, sia come consulenti sia come fondatori di Onlus e Fondazioni. Essi fanno parte altresì di una Commissione Distrettuale del Rotary International che ha il compito di approfondire la riforma e di promuovere la formazione dei Club piemontesi (l’Avv. Carena è anche presidente di tale Commissione).