Il decreto Cura Italia (18/2020) ha previsto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche a uso non abitativo, fino al 31 agosto 2020, termine poi esteso al 31 dicembre 2020 dal Decreto Rilancio (34/2020). Ma i provvedimenti emergenziali non hanno fermato i procedimenti per la convalida delle istanze di sfratto.
Come abbiamo scritto in un precedente nostro articolo, anche per molti Giudici l’articolo 91 del decreto Cura Italia, che prevede che il rispetto delle misure di contenimento venga valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, giustifica il ritardo nel pagamento ma non esclude l’obbligo. Né eccezioni al pagamento dei canoni sono state previste dall’art. 28 del Decreto Rilancio (34/2020) sul credito d’imposta del 60% sugli affitti commerciali.
Con ordinanza 23871 del 31 luglio scorso (giudice Febbraro) il Tribunale di Roma ha deciso che il pagamento può esser posticipato ma non escluso: “l’eventuale crisi di liquidità del debitore va valutata quale rischio posto a carico dello stesso“, anche se riferita ai mesi di lockdown. Secondo il magistrato della capitale l’art. 91 del decreto Cura Italia (18/2020) consentirebbe infatti al giudice di valutare le misure anti Covid per ritenere giustificati eventuali ritardi dei pagamenti, ma non permetterebbe riduzioni dei canoni che, una volta ripresa l’attività commerciale, devono essere pagati anche per i mesi in cui il lavoro è stato interrotto. E l’art. 28 del decreto Rilancio (34/2020), che ha esteso il credito d’imposta del 60% a tutte le locazioni non abitative destinate ad attività industriali, commerciali, artigianali, agricole, non ha previsto eccezioni per il pagamento dei canoni, che quindi sarebbero dovuti per intero.
Orientamento condiviso dal Tribunale di Frosinone che nell’ordinanza n. 9130 del 7 agosto (giudice Petraccone) ha trattato un caso in parte diverso (la morosità non riguardava solo il periodo del lockdown) ma ha precisato anche che il lockdown impedisce la convalida degli sfratti intimati ma non l’obbligo di pagare i canoni.
Per il Tribunale di Venezia (ordinanza del 28 luglio 2020) è opportuno che le parti si accordino, per i mesi da marzo a maggio, su una percentuale di riduzione del canone. Ma, al di là delle trattative tra locatori e conduttori, non esiste una norma che elimini l’obbligo di pagare i canoni dovuti durante il lockdown.
Attenzione: non mancano infatti orientamenti giurisprudenziali parzialmente difformi.
Lo stesso Tribunale di Venezia, con l’ordinanza del 28 luglio citata, ha respinto l’istanza di rilascio presentata dal proprietario di un immobile che lamentava la morosità del conduttore, gestore di un bar. Il titolare dell’attività si era opposto all’intimazione di sfratto, perché la morosità era dipesa dall’impossibilità di usare l’immobile per le restrizioni del lockdown, mentre in passato il canone era stato pagato regolarmente. Per il giudice, per il periodo da marzo a maggio scorso, con l’attività chiusa, non si poteva parlare di «impossibilità assoluta di godimento dell’immobile», ma di una «impossibilità soltanto parziale», dato che i locali erano rimasti nella disponibilità del conduttore e li aveva usati come magazzino. Per il periodo da marzo a maggio – si legge nell’ordinanza – è necessario rideterminare nel giudizio di merito l’importo del canone visto che la morosità non era stata determinata da una reale volontà di non adempiere ma “dall’effettiva contingenza derivante dall’emergenza sanitaria e dalla connessa normativa restrittiva“.